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 Il Rinascimento

Fino al XV secolo, scienziati e studiosi non disegnarono carte complete del cielo. Con la scoperta della stampa, rappresentazioni delle singole costellazioni cominciarono a fare la loro comparsa in alcune pubblicazioni come il Poeticon astronomicon di Hyginus, stampato a Venezia nel 1482.

Nel 1515 Albrecht Dürer produsse a Norimberga la prima carta completa, in due emisferi, che divenne modello ed esempio per tutte le pubblicazioni successive.

Con il risveglio degli studi di astronomia matematica nell'Europa rinascimentale, gli scienziati dovettero cominciare a sentire l'esigenza di avere una mappa del cielo compatta e facilmente riproducibile con le nuove tecnologie di stampa da poco inventate, simile alle carte geografiche che usavano esploratori e navigatori.

La fervida immaginazione dell'uomo rinascimentale trasse alimento dalle figure mitologiche con le quali si identificavano le costellazioni e che un artista avrebbe potuto interpretare in maniera fantastica. Il fascino di una lettura artistica delle costellazioni influenzerà l'immaginazione astronomica per quasi quattrocento anni e darà vita ad una vera e propria età dell'oro per le rappresentazioni del cielo.

Fra la metà del 1500 e gli inizi del 1800, la produzione di atlanti celesti coniuga il "rigore" scientifico con l'espressione artistica. Il risultato è la produzione di oggetti di incomparabile valore, fra i più bei libri che siano mai stati stampati.

De le stelle fisse di Alessandro Piccolomini, pubblicato in Venezia nel 1540, viene considerato il primo atlante celeste "moderno". A differenza di tutti gli altri, le carte riportano solo le stelle, senza linee che le congiungano per mostrare le note figure delle costellazioni, né disegni di personaggi mitologici o leggendari.

Giovanni Gallucci, invece, produce nel 1588 (Venezia) il Theatrum mundi inserendo le stelle all'interno di figure disegnate con uno stile tipicamente cinquecentesco.

Molti degli atlanti e delle carte celesti prodotti fra il Cinquecento e il Settecento mostrano le costellazioni "al contrario", cioè come se fossero disegnate sulla superficie di una sfera da un osservatore che sta all'esterno.

Si tratta, di fatto, di rappresentazioni piane di globi celesti. Nell'Europa del Rinascimento i globi celesti, ben noti nel mondo islamico, divennero ornamento delle biblioteche di nobili, scienziati e studiosi; anzi, l'usanza era di avere una coppia di globi, uno terrestre e l'altro celeste. Artisti, così è corretto chiamarli, come Mercator, van Langeren, Hondius produssero oggetti di incomparabile bellezza.

Le dimensioni erano le più diverse; alcuni erano anche molto grandi, fino a raggiungere i tre e più metri di diametro di quello costruito nel 1664 per il Duca Federico III di Holstein Gottorp. Vero e proprio antenato dei moderni planetari, il globo era cavo e poteva ospitare al suo interno fino a 10 persone che potevano così osservare "in diretta" i movimenti della sfera celeste.

L'idea fu poi perfezionata da Charles Long che nel 1758 costruì una sfera di 5.5 metri di diametro, su cui le stelle avevano dei piccoli fori attraverso i quali filtrava la luce esterna. Rappresentazione molto realistica del cielo notturno.

L'ultima sfera di questo tipo fu quella di Charles Attwood del 1913, rimasta fino a pochi anni fa esposta alla Chicago Academy of Sciences.



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R. Baggio - Last update: November 2001

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