Verso il terzo secolo a.C. i Greci avevano
sviluppato le condizioni necessarie per arrivare ad una cartografia celeste.
Avevano ideato un modello sferico della volta celeste, sul quale ogni punto
poteva essere identificato con precisione specificandone le coordinate e avevano
individuato una serie di gruppi di stelle che dividevano il cielo in regioni
riconoscibili.
L'astronomia greca raggiunse il suo apice
con la figura di Tolomeo di Alessandria (100-178 d.C.). La sua opera principale Sintassi Matematica, meglio nota col nome arabo di Almagesto (il più grande), è stato il testo fondamentale e unico di astronomia
per circa 1500 anni, fino ai lavori di Copernico, Tycho Brahe e Keplero.
All'interno
dell'Almagesto è contenuto un catalogo, il primo reperto scritto degno
di questo nome, in cui sono elencate 1022 stelle con le loro coordinate, raggruppate
in 48 costellazioni.
A detta dell'autore, il catalogo fu compilato
a partire da osservazioni ad occhio nudo, con l'aiuto di strumenti manuali.
Molti studiosi, tuttavia, hanno espresso dubbi sull'autenticità delle
osservazioni di Tolomeo, ritenendo il suo catalogo una derivazione troppo
stretta di quello di Ipparco (146-127 a.C.) del quale, purtroppo, non resta
che qualche sparuta traccia.
Ad ogni modo, autentico o meno che fosse,
il catalogo dell'Almagesto rimase unica opera del genere fino alle osservazioni
dell'astronomo arabo iraniano Ulugh Beg (1394-1449) e di Tycho Brahe (1546-1601),
e per oltre 1500 anni influenzò il lavoro degli astronomi di tutto
il mondo.
Nel suo lavoro, Tolomeo identifica solo
poche stelle con un nome; indica invece ogni stella con un numero progressivo
all'interno della costellazione cui l'astro appartiene e con una descrizione
intesa a facilitarne l'identificazione.
Ad esempio quella che conosciamo come Betelgeuse
è la stella numero 2 della costellazione di Orione ed è "splendente,
sull'omero destro e rossiccia".
Il suo metodo è stato utilizzato
in seguito dai suoi successori fino a Tycho Brahe.
Tolomeo
dà anche indicazioni su come posizionare le stelle e disegnare le costellazioni
su un globo, ma in nessuna parte dell'Almagesto c'è alcun riferimento
a mappe bidimensionali del cielo.
Prima di poter disegnare carte bidimensionali,
gli astronomi avevano bisogno di una tecnica per proiettare l'intera sfera
celeste su una superficie piana, mantenendo le posizioni delle stelle e le
relazioni fra di esse. Nel suo Planisfero, Tolomeo descrive la proiezione
stereografica polare, la cui invenzione viene attribuita ad Ipparco, ideale
per costruire carte del cielo.
Si tratta di un tipo di proiezione che
divide il cielo in due emisferi, raffigurati come due cerchi che hanno come
centro i poli celesti. La latitudine celeste viene rappresentata con distanze
crescenti dal centro verso l'equatore (la circonferenza). Tutte le stelle
dell'emisfero possono allora essere disegnate in modo da mantenere inalterate
direzioni e distanze angolari.