Giovan Battista Ramusio (1485-1557)
Istoria delle Indie occidentali di Oviedo, Lib. 2, cap.1
Ma lasciamo questo, che non fa molto al caso, e ritorniamo al nostro
principale intento.
Io dico che Plinio nel secondo suo libro tratta degli elementi, delle
stelle, de' pianeti, degli eclissi, del giorno, della notte, della
geometria del mondo e delle misure e distanzie sue, e insieme anco
de' venti, de' tuoni, de' lampi, e delli quattro tempi dell'anno,
e de' prodigii e portenti, e dove e come si congela la neve e il grandine,
e della natura della terra e della sua forma, e qual parte di lei
sia abitata (benché in quello che dice, che la zona torrida
o linea equinoziale sia inabitabile, egli s'ingannò, come gli
altri che lo scrissero medesimamente, perché elle pienamente
si abita, per quello che ne vediamo oggi nella terra ferma di queste
Indie; e Avicenna lo scrisse e ne diede ragione, e come filosofo naturale
non vi ebbe cosa che gli contradisse, e certo che egli scrisse e disse
meglio in questa parte di niuno degli altri che ne scrivessero).
Giovan Battista Ramusio (1485-1557)
Istoria delle Indie occidentali di Oviedo, Lib. 3, cap.9
Ma prima che questa battaglia succedesse, gl'Indiani, veggendo che
i cristiani sani s'erano andati via, e lasciato l'admirante con quelli
pochi e infermi, non volevano dare a costoro da mangiare né
altra cosa alcuna.
Il Colombo, che vidde questo, fece raunare molti Indiani insieme,
e disse loro che tenessero di certo che, se non davano da mangiare
a' cristiani, sarebbe presto venuta lor sopra una pestilenzia che
gli avrebbe tutti tolti del mondo.
E in segno che egli dicesse il vero, soggiunse che essi nel tal dì
(e segnalò loro il dì) e nella tale ora vedrebbono insanguinata
la luna: il che disse egli perché, essendo buono astrologo,
sapeva che doveva la luna di certo eclissare.
Quando adunque gl'Indiani viddero, in quel tempo che egli detto aveva,
eclissata la luna, credendo che quanto egli detto aveva fusse dovuto
essere vero, molti di loro a gran voce e piangendo vennero a chiedere
perdono, e a pregare l'admirante che non stesse sdegnato con loro,
dandoli tutto quello che a lui e gli altri suoi facea di bisogno.
Giovan Battista Ramusio (1485-1557)
Discorso d'un capitano francese, Proemio
E quella longitudine o latitudine si distende sopra la misura della
terra, quantunque noi prendiamo la
latitudine per la elevazione del polo o per la altitudine del sole,
e la longitudine per la luna e per le stelle fisse, over per gli eclissi,
e per altri modi sottili a molti incogniti.
Ma la longitudine delli pianetti e stelle fisse si conta nella linea
ecclittica del zodiaco, e comincia dal primo ponto d'Ariete, per la
successione de' segni, fin al fine del segno de' Pesci; la lor latitudine
si conta dopo la linea ecclittica fin alli poli del zodiaco per 30
gradi.
De lì viene che la parte ch'è verso il polo artico si
chiama la latitudine settentrionale, e quella del polo antartico vien
detta la meridionale.
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Giorgio Vasari (1511-1574)
Vite, III,34 Rosso Fiorentino
Era in quel tempo al Borgo Raffaello da Colle pittore, creato di Giulio
Romano, che nella sua patria aveva preso a fare, per Santa Croce,
Compagnia di Battuti, una tavola per poco prezzo, de la quale come
amorevole si spogliò e la diede al Rosso, acciò che
in quella città rimanesse qualche reliquia di suo.
Per il che la compagnia si risentì, ma il vescovo gli fece
molte comodità. Mentre che il Rosso lavorava questa tavola
prese nome, et in quel luogo ne fu tenuto gran conto, e la tavola
messa in opera in Santa Croce, nella quale fece un Deposto di Croce,
il quale è cosa molto rara e bella, per avere osservato ne'
colori un certo che tenebroso per le eclisse che fu nella morte di
Cristo, per essere stata lavorata con grandissima diligenza.
Gli fu fatto in Città di Castello allogazione di una tavola,
la quale volendo lavorare mentre che s'ingessava, le ruinò
un tetto addosso che la infranse tutta.
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Scipione Bargagli (1540-1612)
I Trattenimenti, Pt.3, I ciechi
Del quale atto, sì come gli altri tutti dintorno sorrisero
un pochetto, Clarice quasi tutta quanta si riscosse, mostrando per
paura volere scanzarsi da simile sproveduto pericolo e, pervenuta
questa prima parte del giuoco a questo piacevol termine, piacque al
signor di quello che per Clarice medesima si facesse medesimamente
seguire la sua fine, dicendo egli: - Acciò che questo pover
orbo non vada più quinci oltre pericolando, potrete dire voi,
Clarice, come quella a cui esso si truova più vicino, il vostro
sano parere sopra quanto è stato da lui mostrato della sua
cecità -. Ed ella, tanto presta come volonterosa, senza altro
tempo richiedere per pensarvi, quasi della cosa in sé molto
ben risoluta:
- Per me - disse ella - non posso io né molto, né poco
inducermi a prestar qui a costui niuna fede con tutto quello ch'ei
raccontato s'abbia e mostrato intorno alla sua perduta luce: e chi
vide, od intese già mai che per cagion d'eclissi del sole le
genti nel mondo si rimangan cieche, seguendo ciò più
tosto dal suo contrario, voglio dire io del tener fisse le luci in
quello? Io non l'ho veduto, né inteso già mai da veruno.
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Torquato Tasso (1544-1595)
Rime
Signor, nel precipizio ove mi spinse
Fortuna, ognor più caggio in ver gli abissi,
né quinci ancora alcun mio prego udissi,
né volto di pietà per me si pinse.
Ben veggio il sol, ma qual talora il cinse
oscuro velo in tenebroso eclissi;
e veggio in cielo i lumi erranti e fissi:
ma chi d'atro pallor così li tinse?
Or dal profondo oscuro a te mi volgo
e grido: "A me, nel mio gran caso indegno,
dammi, che puoi, la destra e mi solleva;
ed a quel peso vil che sì l'aggreva
sottraggi l'ale del veloce ingegno,
e volar mi vedrai lunge dal volgo".
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Giordano Bruno (1548-1600)
La Cena delle Ceneri, Dialogo 3
Da lui divinamente detto e inteso, e da voi assai lodabilmente applicato.
Se mi recordo, io ancor poco fa dissi che, - per tanto che il corpo
opaco perde facilmente il diametro, il lucido difficilmente, - avviene
che per la lontananza s'annulla e svanisce l'apparenza de l'oscuro;
e quella de l'illuminato diafano, o d'altra maniera lucido, si va
come ad unire; e di quelle parti lucide disperse si forma una visibile
continua luce.
Però, se la luna fusse più lontana, non eclissarebbe
il sole; e facilmente potrà ogni uomo che sa considerare in
queste cose che quella più lontana sarebbe ancor più
luminosa; nella quale se noi fussemo, non sarrebe più luminosa
a gli occhi nostri; come, essendo in questa terra, non veggiamo quel
suo lume che porge a quei che sono ne la luna, il quale forse è
maggior di quello, che lei ne rende per i raggi del sole nel suo liquido
cristallo diffusi. Della luce particolare del sole non so per il presente,
se si debba giudicar secondo il medesmo modo, o altro. Or vedete sin
quanto siamo trascorsi da quella occasione; mi par tempo di rivenire
all'altre parti del nostro proposito. |
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Traiano Boccalini (1556-1613)
Ragguagli di Parnaso, Cent.3, ragg.88
Aggravatissimi si mostrarono gli Italiani, ma quei del regno di Napoli
mostrarono pagamenti eccessivi fatti [al re] e da un'altra parte mostravano
quei che erano forzati pagare al baron loro, di modo che voltò
la faccia Apollo in altra parte per non veder cosa tanto sporca e
lugubre, che i prencipi cristiani fossero diventati peggio dei barbari
nel voler angareggiare il suo popolo con nuove gabelle e nuove
imposture, come ogni giorno si vede.
S'eclissò il sole e venne un globo di nuvole, che portò
via Apollo, il quale lasciò un puzzare di caligine tanto grande,
che i medesimi prencipi restarono molto meravigliati al vedere che
Apollo l'avesse così vituperosamente maltrattati.
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Tommaso Campanella (1568-1639)
La Città del Sole
Ché nel mondo novo e in tutte le marine d'Africa e Asia australi
è entrato il cristianesmo per Giove e Sole, ed in Africa la
legge del Seriffo per la Luna, e per Marte in Persia quella d'Alle,
renovata dal Sofì, con mutarsi imperio in tutte quelle parti
ed in Tartaria.
Ma in Germania, Francia ed Inghilterra entrò l'eresia per esser
esse a Marte ed alla Luna inchinate; e Spagna per Giove ed Italia
per il Sole, a cui sottostanno, per Sagittario e Leone, segni loro,
restâro nella bellezza della legge cristiana pura.
E quante cose saran più di mò inanzi, e quanto imparai
da questi savi circa la mutazion dell'assidi de' pianeti e dell'eccentricità
e solstizi ed equinozi ed obliquitati, e poli variati e confuse figure
nello spazio immenso; e del simbolo c'hanno le cose nostrali con quelle
di fuori del mondo; e quanto seque di mutamento dopo la congiunzion
magna e l'eclissi, che sequeno dopo la congiunzion magna in Ariete
e Libra, segni equinoziali, con la renovazione dell'anomalie, faran
cose stupende in confirmar il decreto della congiunzion magna e mutar
tutto il mondo e rinovarlo!
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Daniello Bartoli (1607-1685)
La ricreazione del savio, Lib.2, capo 1
Al contrario poi, ch'ella eclissi il Sole sarà perché
allora scema, anzi affatto vuota di luce (in quanto appare a' nostri
occhi) come cieca nol vede: così, non che l'ammiri, neanche
il conosce, e gli passa inanzi e l'offusca.Questa a me pare una di
quelle piante che lasciata nel suo natio terreno è velenosa,
ma traspiantata in altro paese e sotto altro cielo divien salutifera,
non che innocente.
Tolta adunque dal naturale in cui nacque e dove è falsa, e
trasportata nel morale, diventa verissima. Conciosia che, se il lume
del Sole nella Luna altro non è che il conoscimento di Dio
in noi, eccone tanti gradi quante apparenze ha la Luna.
Due ve ne ha estremamente opposti, gli ateisti e i santi: quegli,
scemi o, per meglio dire, affatto vuoti di luce, eclissano il Sole,
cioè niegano che vi sia Iddio; questi, al contrario, se ne
riempion di tanto, che sovente avvien loro d'eclissare, cioè
smarrire i sensi, e in un'estasi di maraviglia perdersi e disvenire.
Tutti gli altri si truovano in alcun grado fra questi due estremi:
e chi più s'accosta allo scemo, e chi più al pieno.
E per dire ora sol de' primi, che sono in maggior numero eziandio
tra' fedeli, ben credono esservi Iddio; ma avete voi mai osservata
in occidente la Luna fatta d'un dì?
Ella è un tanto sottile mezzo cerchiel di luce, che pare un
fil d'argento: e nulla men che fosse, nulla parrebbe.
Tale in essi è il conoscimento che han di Dio: una sì
debil cosa, che se la Luna è specchio che rappresenta il Sole,
chi nella lor mente può ravvisare Iddio?
Sì difformi dal vero, sì mostruosi sono i concetti che
talvolta ne formano.
Daniello Bartoli (1607-1685)
La ricreazione del savio, Lib.2, capo 13
Conceduta dunque alle stelle la virtù e l'impressione da muovere
e alterar gli elementi e ciò che di loro è composto,
per conoscere quali stelle a quali specie di cose sien utili o dannose,
peroché non ne sappiamo fuor che quel solo che ci danno a vedere
gli effetti, conviene attenersi alle osservazioni e sopra un convenevole
numero d'esse ben rispondenti formar canoni e aforismi, che riusciran
buoni altrettanto che questa ottima regola di discorso: quello che,
posto il tal principio, è ordinario a succedere non dover succedere
a caso, ma in virtù d'esso e per iscambievole legamento dell'uno
coll'altro.
Raccordami di quell'antico detto: plerumque abortus causa fit odor
e lucernarum extinctu, e dico: quante sconciature cagionerà
in questa sempre gravida madre, la terra, lo spegnersi dell'una o
dell'altra lucerna del mondo, cioè l'eclissarsi del Sole e
della Luna, con que' nocevoli effetti che natural cosa è che
consieguano a quel repentino smarrimento del lume e del caldo onde
gli spiriti, eziandio nelle cose morte, s'avvivano?
Dunque, dalla sufficiente osservazione degli avvenimenti potran farsi
regole da predirli.
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