Fra
l'ottavo e il dodicesimo secolo gli astronomi arabi, diretti eredi della tradizione
tolemaica, svilupparono le conoscenze astronomiche a livelli elevatissimi.
Sul modello dell'Almagesto, produssero tavole con i risultati di osservazioni
sempre più precise e cataloghi e descrizioni di stelle e costellazioni.
Ne è uno splendido esempio il Libro delle stelle e delle costellazioni di Abd al-Rahman al-Sufi (903-986), scopritore della galassia di Andromeda.
Le uniche rappresentazioni del cielo di
questo periodo giunte fino a noi sono le immagini di singole costellazioni
e le mappe riportate sugli astrolabi, strumenti ideati per eseguire calcoli
e misurazioni astronomiche.
I principi su cui veniva costruito l'astrolabio
erano quelli scoperti da Ipparco e descritti nel Planisfero di Tolomeo.
Perfezionato da studiosi arabi come Al-Sarraj (1328/29), l'astrolabio raggiunse
l'Europa attraverso la Spagna nell' XI sec.
Gli
strumenti più antichi furono realizzati da astronomi persiani nel decimo
secolo; gli esempi più belli furono costruiti in pieno Rinascimento
(come quello di Gualterus Arsenius del 1550 ca.).
L'astrolabio classico è formato
da un disco sul cui bordo è incisa una scala divisa in 24 ore, e può
essere sospeso attraverso un anello. La parte interna del disco contiene una
piastra che riporta le coordinate orizzontali (linee di altezza e azimuth)
in proiezione stereografica, calcolate per una certa latitudine geografica.
Su questa piastra ruota la rete, mappa celeste (in proiezione stereografica)
con puntatori che indicano le stelle più luminose e il cerchio dell'eclittica.
Sopra alla piastra è incernierata un'alidada con traguardi per misure
di altezza. In molti modelli il dorso riporta scale di gradi e funzioni trigonometriche,
calendari, scale per misure terrestri.
L'astrolabio è stato uno strumento
fondamentale per gli scienziati fino al XVII secolo, cioè fino all'invenzione
e all'uso astronomico del telescopio.