L'atlante di Argelander fu l'ultima grande opera
prodotta interamente a mano. Nel nostro secolo l'astrofotografia prima e l'uso
di strumentazioni digitali poi hanno rivoluzionato la cartografia celeste.
Nell'Ottocento era cominciata anche l'epoca degli
atlanti per "amatori", disegnati per non professionisti: astrofili, curiosi,
amanti dell'osservazione degli oggetti celesti.
L'Atlas of the Heavens di Elijah Burritt
(New York, 1835) ne è un tipico esemplare. Solo stelle brillanti, nebulose
e gradevoli illustrazioni. Era destinato al pubblico generale e quindi doveva
costare poco, perciò nella realizzazione non fu messa grande cura.

Sempre per il grande pubblico furono pensate
opere che testimoniano della creatività e dell'ingegno di molti artisti.
Franz Niklaus König (1765-1832), pittore
bernese, si era specializzato nella produzione di paesaggi "trasparenti".
Un diafanorama, così veniva chiamato, era costruito intagliando
un pezzo di carta robusta, in modo che, usato come schermo per una lanterna
magica, proiettasse il paesaggio disegnato sulle pareti di una stanza.

Con questa tecnica, König costruì
nel 1826 un atlante celeste. Basandosi su quello di Fortin e Flamsteed pubblicato
qualche decennio prima (1776), egli produsse una ventina di "tavole" che mostravano
le costellazioni e le stelle principali (fino alla 5a magnitudine). Oggetto
quasi unico nella storia dell'arte e dell'astronomia, l'atlante dovette avere
all'epoca un certo successo (se ne conoscono una ventina di esemplari), ma
poi fu dimenticato.
Con la diffusione di strumenti a costo relativamente
basso, anche gli astronomi dilettanti cominciavano ad aver bisogno di opere
più "serie". Opere che, in varie edizioni e con vari aggiornamenti,
sono utilizzate tutt'oggi.
Il Norton's Star Atlas (15 tavole, 9.000
stelle fino alla magnitudine 6.35, 600 oggetti non stellari) pubblicato nel
1910, ad esempio, è giunto oggi alla 19ª edizione.

Pietra miliare per il mondo professionale fu
invece la campagna fotografica nota come Palomar Sky Survey. Realizzata
fra il 1949 e il 1958 con un telescopio da 48" produsse migliaia di lastre
ognuna delle quali copriva un'area di cielo di circa 6.4 gradi quadrati. Oggi
ne è disponibile una versione digitalizzata su 9 CD-ROM.

Relativamente pochi sono gli atlanti stampati
in questo secolo. I più noti, utilizzati a fini professionali, ma anche
dai dilettanti più esigenti, sono l'Atlas Coeli prodotto dal cecoslovacco
Antonin Becvar nel 1901 e quello dello Smithsonian Astronomical Observatory.
In anni più recenti il nome che più
ricorre quando si pensa ad atlanti celesti è senz'altro quello di Wil
Tirion. Diverse sono le sue realizzazioni, per dilettanti e professionisti;
fra le più recenti: lo Sky 2000.0 Atlas (22 carte, 43.000 stelle
fino alla magnitudine 8, 2.500 oggetti non stellari) del 1981, e in collaborazione
con B. Rappaport e G. Lovi Uranometria 2000.0 (473 carte, 332.556 stelle
fino alla magnitudine 9.5, 10.300 oggetti non stellari) del 1987.
Ultimo nato è il Millennium Star Atlas di Roger Sinnott (1997), versione su carta del catalogo compilato dal
satellite Hipparcos. Le dimensioni sono impressionanti: 1548 carte, 1.058.000
di stelle fino alla magnitudine 11, oltre 10.000 oggetti non stellari. Opera
professionale ma accessibile (non ha costi "astronomici") anche a dilettanti
esigenti.

Recentissimo poi è l'utilizzo di software
di vario genere per la rappresentazione del cielo e l'identificazione e lo
studio di oggetti e fenomeni celesti.
ma questa è un'altra
storia...